LA VERTENZA SICUREZZA
 
2159, i vigili dotati della "tromba del Negus"
 
 
 

Bologna, 7 luglio 2159.
Un piatto di penne all'arrabbiata al posto dello spray al peperoncino; il costume delle Tartarughe Ninja da indossare sopra il giubbotto anti-proiettile, una Susanna caricata a Superbum e la mascherina nera di Zorro.
E' accordo fatto, in Comune, sulla vertenza dei vigili e sicurezza.
Una vicenda che si trascinava da anni e che anche ieri ha rischiato di arenarsi per l'ennesima volta.
Sulpm e Uil, infatti, avevano proposto uno spray urticante al pesto; ma la parola "pesto" -ha fatto notare la Cgil- richiama troppo da vicino violenze gratuite e selvagge, teste di morto e picchiatori.
Si è così raggiunto il compromesso delle penne, già da tempo testate presso i laboratori della Camst e "addolcite", per i normali servizi di pattuglia, con tre cucchiai di panna da cucina.
Niente da fare, invece, sulla questione manganelli.
Per quanto sdoganati circa un secolo fa dall'omonimo capo della polizia, s'è convenuto che la parola stessa fosse troppo cruda e imbarazzante.
Pesto, pestaggio, botte...
Lo stesso dicasi per sfollagente, randello, spranga, bastone o legno; per cui si s'era raggiunto così l'accordo su "distanziometro" o "distanziatore".
Ma anche in questo caso è parso politicamente scorretto dare l'impressione di voler scavare un fosso tra l'autorità e i bolognesi.
E pure <<oggetto oblungo di una certa consistenza>> (definizione che pareva aver raccolto il <<sì>> di sindacati e amministrazione) è stato poi scartato, quando il sindaco ha fatto notare che anche un oggetto oblungo, laddove calato con violenza tra il collo e la clavicola, avrebbe <<prodotto danni sull'utenza potenziale>>.
Insomma, qualche efferrato teppista si sarebbe potuto fare male, e quindi niente manganelli.
Accordo pieno, invece, sia sulle regole d'ingaggio sia sulla "tromba del Negus"; quella sorta di fischietto di carta che soffiandolo si allunga e subito dopo si accartoccia, provocando nel malvivente un attimo di stupore tale da consentire al vigile di ammanettarlo senza problemi (previo ovviamente suo consenso scritto compilato sull'apposito modulo di cui alle regole di ingaggio).

CAMST
Impresa Italiana di Ristorazione

La Camst qui a Bologna è una vera e propria istituzione.
Gestisce non so quante mense scolastiche ed aziendali,
senza contare tutti i ristoranti self-service sparsi per la città.
Ho letto in internet che si è estesa anche a parecchie regioni del Nord e del Centro.

Per chi volesse saperne di più...

Nella tarda primavera del 1945, praticamente a poche settimane dalla liberazione di Bologna, si costituiva la Cooperativa Comunale Albergo Mensa, Clam (che poi diverrà Camst), promossa per scopi mutualistici dai lavoratori del settore alberghiero e ristorazione. L'obiettivo era quello di unire le forze tra i lavoratori d'albergo e mensa (camerieri, cuochi, baristi) in una fase storica caratterizzata da un'elevata disoccupazione. I primi servizi vennero organizzati grazie allo spirito di impresa e alla capacità di arrangiarsi dei fondatori, tra i quali è doveroso ricordare il nome di Gustavo Trombetti, per quasi 25 anni alla guida del sodalizio, prima come presidente poi come direttore generale: si usavano bicchieri ottenuti da fondi di bottiglia, si organizzavano servizi volanti per rinfreschi e feste approvvigionandosi presso altre cooperative di produzione o esercenti locali, si distribuivano bibite allo stadio caricando su un triciclo bidoni di benzina opportunamente riadattati e così via.

Alla fine degli anni '40 la cooperativa era riuscita ad avviare molteplici attività: tre esercizi fissi (Mensa del popolo, bar-ristorante Ippodromo, bar del Teatro Comunale) un locale stagionale all'aperto (Settimo Cielo), numerosi servizi volanti presso lo stadio comunale, il Palazzo dello Sport e l'organizzazione di banchetti. Comunque il successo più importante fu la conquista dell'appalto per la gestione del buffet della stazione di Bologna, nel 1948, che per diciotto anni rappresentò il core business della cooperativa.

La lunga storia di Camst può essere divisa in tre diverse epoche, quella del buffet della stazione (1948-1966), quella del dopo buffet (1967-1976) e infine quella della sviluppo (dal 1977 ai giorni nostri).

Il periodo che va dal 1948 al 1966 fu caratterizzato da un lato da una strategia di rafforzamento delle basi finanziarie della cooperativa dall'altro da una prima diversificazione e differenziazione produttiva, che però non eliminò la centralità della gestione del buffet della stazione nella composizione dei ricavi e del margine aziendale.

Nel 1967, il mancato rinnovo dell'appalto per la gestione del buffet creò grandi timori per il futuro del sodalizio e obbligò il gruppo dirigente ad individuare poli di crescita alternativi. Il nuovo core business si delineò nei primi anni settanta, quando Camst con l'appoggio dei sindacati e del movimento cooperativo si rivolse alla ristorazione per grandi comunità, aziende, scuole, ospedali, mediante l'introduzione delle Cucine Centralizzate.

Tuttavia, verso la metà degli anni settanta, la dimensione degli investimenti, l'eccessiva esposizione finanziaria e il ritardo nella riorganizzazione aziendale furono all'origine di una profonda crisi che minacciò la sopravvivenza stessa della cooperativa. Ancora una volta, come era avvenuto in occasione della perdita del buffet della stazione, questa crisi venne rapidamente superata grazie ad un nuovo gruppo dirigente, guidato da Marco Minella, dal 1978 presidente del sodalizio. Il risanamento richiese sia la riorganizzazione delle varie funzioni aziendali sia la dismissione di alcune partecipazioni non strategiche o altamente problematiche, alla quale diede il suo contributo anche la Lega.

All'inizio degli anni ottanta sia il risanamento che il consolidamento potevano dirsi completati e si apriva la possibilità di una nuova fase di espansione, che in effetti venne avviata nel 1985 e che trasformò un'impresa di 58 miliardi di lire di fatturato (1985) in un gruppo con un giro d'affari di 672 miliardi (1999). La crescita seguì due strategie: la differenziazione del prodotto e la ricerca di una dimensione nazionale. A tale scopo, tra il 1988 e la fine degli anni novanta, Camst incorporò 6 importanti cooperative di ristorazione operanti in varie regioni italiane (la Scat di Firenze, la Covam di Poggibonsi, la cooperativa sociale Giovanni Faraboli di Parma, la Coam di Savona, la Cogeturist di Udine, la Cogemar di Ancona), oltre a numerose imprese private, creò società partecipate per gestire i nuovi segmenti di mercato (come la Ristoservice per la gestione dei buoni pasto) e inventò nuove tipologie di locali, come il free flow.


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