Cara Lira, scusami, ho sbagliato, non dovevo lasciarti.
Mi lasciai andare a una botta di vita e mi feci intortare da una sculettante ragazza venuta dal nord europa.
Ti vedevo invecchiata, malandata, afflosciata, ti sentivo troppo casereccia, provinciale. Così pensai con i miei amici Franco e Marco di farmi una compagna nuova di zecca, in grado di eccitarmi, di farmi fare bella figura nel mondo, di competere con le stangone americane e le geishe d'oriente.
Un paraninfo bolognese, detto il Mortadella, mi presentò una ragazza appena assunta in banca, che non conosceva una parola d'italiano ma era seducente. Così in una losca locanda d'Olanda, a Maastricht, la misi incinta. Per un anno vissi la doppia vita, poi abbandonai il tetto coniugale con te e andai a vivere con lei, Eugenia Ross, in sintesi Euro.
Con lei il costo della vita schizzò subito alle stelle, ma che vuoi, se cambi tenore ed entri in un giro internazionale, non puoi mica fare il pidocchioso. Lei è sempre più esigente, mi spreme come un limone, mi sono venduto la proprietà: avevo tre monti, me ne trovo uno solo.
Lei ha affidato il mio patrimonio a un banchiere varesotto ed è la rovina, mi ipotecò pure la casa. Non ti dico poi la suocera tedesca, una culona insopportabile. Ora torno in ginocchio da te, Lira carissima. Ricordi la nostra canzone, Per una lira di Lucio Battisti? Te la dedico, con lirica nostalgia. Ti prego, torniamo insieme anche solo per poco; mogli e sghei dei Paesi tuoi. Anche se ti è cresciuto un apostrofo acido dopo la elle, e ti chiamano L'ira.
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