Romolo & Remo

Vicino le rive del Tevere, in una povera capanna, abitavano un vecchio pastore e sua moglie: Fàustolo e Laurenzia.
Una sera Fàustolo sedeva stanco sulla porta della capanna mentre Laurenzia, preparava lo scarso cibo serale.
All'improvviso, dal bosco, s'intese un fruscio, e laggiù, verso il fiume, un'ombra scura scivolò fino alla riva...
Faùstolo pensò di andare a vedere cosa fosse successo, disse alla moglie di aspettarlo e avanzò cauto verso la riva del Tevere.
Per le piogge recenti, il fiume era allagato nei campi ed il terreno era cosparso di larghe pozze di acqua.

 

 

In una di quelle pozze, ai piedi di un albero, Fàustolo vide una lupa enorme, sdraiata su un fianco e due bambini che si nutrivano del suo latte.
Credeva di sognare.
Si ritirò pian piano, e tornò alla capanna dove iniziò a raccontare alla moglie incredula della lupa che allattava i due gemelli poi la prese per un braccio e la trascinò fuori verso il fiume. Poco dopo i due piccoli trovatelli, riposavano al caldo, nella capanna di Fàustolo e Laurenzia dove crebbero presto e in pochi anni diventarono due ragazzi forti, un pò selvaggi ma buoni.

 

 

Fàustolo li aveva chiamati Romolo e Remo; ed essi lo rispettavano come un padre, ogni giorno si spingevano più lontano dalla capanna, in cerca di nuove avventure...
La leggenda vuole invece che, una volta cresciuti, Romolo e Remo conobbero la loro storia, allora ritornarono ad Albalonga, punirono il crudele Amulio e liberarono il nonno Numitore.
Ottenuto, poi, da lui il permesso, lasciarono Albalonga e si recarono sulla riva del Tevere, dove erano cresciuti, per fondare una nuova città.

 

 

Ma chi dei due le avrebbe dato il nome?
Decisero di osservare il volo degli uccelli: avrebbe dato il nome alla città chi ne avesse visti in maggior numero.
La fortuna favorì Romolo, il quale prese un aratro e, sul Colle Palatino, tracciò un solco per segnare la cinta della città, che da lui fu detta Roma.
Era il giorno 21 Aprile 753 anni prima che nascesse Gesù Cristo.
La nascita della nuova città segnò, purtroppo, la fine della vita di Remo.
Era stato stabilito che nessuno, per nessuna ragione, poteva passare al di là del solco senza il permesso del capo.
Ma Remo, invidioso, oppure per burla, lo oltrepassò con un salto e, ridendo, esclamò:
- Guarda com'è facile! -
Romolo, pieno d'ira, si scagliò contro Remo e, impugnata la spada, lo uccise, esclamando che chiunque avesse offeso il nome di Roma doveva morire.
Romolo, rimasto solo, governò la città in modo saggio, poi un giorno, durante un temporale, egli scomparve, rapito in cielo dal dio Marte.


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