Del
poeta umbro Sesto Properzio ci sono pervenuti quattro libri
di elegie. Il primo di questi, comprendente 22 componimenti,
che in alcuni manoscritti porta il titolo greco di Monóbiblos (“Libro
unico”), ha come tema dominante l’amore per una donna colta,
brillante, spregiudicata, il cui vero nome, secondo Apuleio
(Apologia, 10), sarebbe stato Hostia.
Properzio
la presenta come una docta puella, discendente da un antenato poeta ,
ma l’identità
sociale della donna rimane incerta: in lei si sovrappongono i tratti della cortigiana
venale, della mondana di lusso partecipe della “dolce vita” romana, della fine
intenditrice di poesia, della donna innamorata e gelosa, dell’amante crudele,
capricciosa e imprevedibile.
L’argomento
dell’opera riguarda la passione da cui Properzio ammette di essere dominato
da oltre un anno; il rapporto con Cinzia è presentato come un legame passionale
e tormentato: Properzio lamenta il duro servitium amoroso, l’assoggettamento
a una domina dispotica e volubile, che talvolta gli concede momenti di esaltante
partecipazione erotica, ma spesso lo tradisce, o parte in compagnia di un altro
amante, o mostra distacco e freddezza.
Fra
ebbrezza e disperazione, liti, reciproca gelosia, allontanamenti e riconciliazioni,
l’amore per Cinzia è vissuto come una passione esclusiva, tale da indurre
il giovane poeta allo sperdimento, alla degradazione, alla follia, a quel
vivere nullo consilio, spesso esibito con provocatoria nequitia (dissolutezza)
da poeta “maledetto”.
Cinzia
per prima m’irretì, sventurato, con i suoi dolci occhi,
quand’ero
ancora intatto dai desideri della passione.
Allora
Amore abbassò il consueto orgoglio del mio sguardo
e
mi oppresse il capo sottoponendolo al dominio dei suoi passi,
finché
m’insegnò crudele a odiare le fanciulle caste
e
a condurre una vita priva di qualsiasi saggezza.
(Sesto
Properzio, Elegie, I, I,)
L’amore
è al centro della vita del poeta e determina quindi valori e disvalori: come
già
Catullo, anche Properzio aspira a dare un’impossibile solidità all’amore furtivo,
invocando l’amicitia,
il foedus che vincola gli amanti al rispetto della fides.
Ma
anche nella sua più tormentosa instabilità l’amore è sentito come la più importante
ragione di vita e di poesia.
Legato
all’amore per Cinzia è il sottile compiacimento per lo stato di degradazione
morale che esso determina, e che il poeta spesso esibisce con anticonformistico
spregio dei valori dominanti. L’assoggettarsi interamente alla propria
passione comporta una condizione di ignavia, desidia, nequitia, inertia e,
infine, l’apprezzamento dell’ otium.
Catullo
si chiedeva come fosse possibile conciliare odio ed amore. Ma non sapeva
cosa rispondere. Ed era tormentato (excrucior, dice) da tale irrimediabile
contrasto. Anche per lui la donna amata era la dolce puella e
insieme la turpe meretrix. Properzio è il poeta forse più vicino
a Catullo, ma con maggior protervia e minor desiderio di ravvedimento.
Catullo voleva guarire dall’orribile “morbo d’amore”, Properzio no. Egli è il
poeta dell’amore travolgente, della passione dei sensi, del traboccante
vigore dei sentimenti e del loro potenziale, spesso autodistruttivo.