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Quando si dice "velina" oggi si pensa subito alle belle ragazze
in cerca di gloria che sgambettano a "Striscia la notizia".
Il termine, invece, ha radici antiche e riguarda il vocabolario
utilizzato un tempo nell'editoria.
Velina proviene dal francese "velin" che significa vitellino,
la cui pelle sottile, quando era da latte, veniva usata già nel 1400
per realizzare fogli per la scrittura a mano e poi per la stampa dei libri.
Nel tempo il vitello veniva sostituito dalla carta,
ma quando questa era molto sottile conservava il nome di "velin"
(anticipato da "papier", cioè carta, carta velina)
e veniva per lo più usata per indicare i fogli utilizzati
per le copie identiche agli originali.
Col significato di copia (conforme all'originale)
il termine velina è arrivato fino a noi.
"Veline" venivano chiamate anche in gergo giornalistico
gli "ordini di servizio" ai direttori di giornale impartiti da Mussolini
e ancora oggi, anche nell'allusione di "Striscia",
per veline si intendono le notizie che ricalcano
come copie le direttive dei potenti.
Piccole
considerazioni personali
Cosa sia una velina l'ho sempre saputo, anche se non sapevo che
il termine deriva dal povero vitellino da latte.
Nel mio ufficio di veline se ne facevano addirittura due.
Una su carta bianca che rimaneva all'ufficio competente
e l'altra su carta celestina che finiva nella raccolta
di tutte le lettere che venivano scritte.
Raccolta che, guarda caso, si chiamava "velinario".
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