Maturità 1988
Tra gli altri studenti c'era anche mio figlio Roberto, che scelse questo tema, comune a tutti i vari indirizzi.
A me piacque moltissimo e così mi cimentai anch'io.

TEMA
"Einstein, rivolgendosi ai giovani, disse loro: tenete bene a mente che le cose meravigliose che imparate sono opere di molte generazioni; sono state create in tutti i Paesi della terra a prezzo di infiniti sforzi e dopo appassionato lavoro.
Questa eredità è lasciata ora nelle vostri mani perché possiate onorarla, arricchirla e un giorno trasmetterla ai vostri figli. E' così che noi, essere mortali, diventiamo immortali mediante il nostro contributo al lavoro della collettività."
Riflettete su questo appello a voi indirizzato.

SVOLGIMENTO
Nel silenzio della notte il vagito si alzò alto nel cielo.
Il piccolo urlava al mondo intero tutta la sua disperazione per aver abbandonato il caldo e sicuro grembo materno ed essere stato catapultato bruscamente nell'ignoto agli albori della notte dei tempi.
A migliaia di anni di distanza un altro vagito gli fa eco.
Sono passati secoli e secoli, ma il pianto è il medesimo, così come identica è la disperazione che accomuna il piccolo cavernicolo al futuro uomo del 2000.
Due vite nuove hanno aperto gli occhi per la prima volta sul mondo che li circonda.
Che cosa vedono? Che cosa sentono? Che cosa provano? Quale sarà il loro destino?
Sono identici, ma nello stesso tempo così diversi!
A dividerli in modo così netto ci sono migliaia di anni di storia, milioni di uomini, che hanno fatto questa storia.
Potenzialmente i due neonati potrebbero scambiarsi di ruolo e così come in una addizione, invertendo l'ordine degli addendi, il risultato non cambia, anche per loro sarebbe la stessa cosa.
Il piccolo orgoglioso uomo del 2000 diventerebbe un cavernicolo, mentre il piccolo timido troglodita passerebbe la sua vita sui computer, viaggiando nello spazio.
Tutto ciò mi fa rabbrividire. Mi fa sentire una piccola cosa, una nullità. Io che credo di essere tanto importante nel mio piccolo, che sono così orgogliosa dei risultati raggiunti e che mi preparo a combattere per raggiungerne degli altri più prestigiosi, non sono niente e nessuno e devo tutto ciò che possiedo in fatto di beni spirituali, culturali (ma anche materiali) a coloro che mi hanno preceduto.
Che merito ho io in tutto questo? Evidentemente nessuno.
Così come nessun demerito hanno avuto i nostri antenati preistorici costretti a vivere la vita che hanno vissuto.

Tutto quello che noi oggi possediamo non è frutto di un unico uomo, di un'unica generazione, ma è la somma di tutte, indistintamente, le esperienze di ogni uomo che ha avuto la ventura di nascere sul pianeta Terra.
Fin dal primo cavernicolo che scoprì l'importanza del fuoco (ed imparò a custodirlo), fin da colui che costruì la prima ruota e via via fino ai giorni nostri, l'edificio del sapere, della cultura e del progresso è in costruzione.
Che vette ha raggiunto oggi questo edificio?
Dovrei dire che le sue dimensioni sono ancora piuttosto modeste. Anche perché la sua costruzione è andata molto a rilento per interi millenni. Solo negli ultimi cento anni esso ha fatto un notevole balzo in avanti, ed ancora più notevole lo farà in un prossimo futuro.
Oggi siamo noi i muratori.
Noi che abbiamo trovato pronte le fondamenta, le basi e ci apprestiamo ad aggiungere, attraverso enormi sacrifici, nuovi mattoni che saranno magari guardati con sufficienza dai nostri pronipoti, così come noi guardiamo con occhio disincantato alle conquiste del passato. Ma con quanta fatica, con quante battaglie e purtroppo con quante sconfitte questi mattoni sono stati impastati.

Perciò tu, futuro uomo del 3000, non guardare a noi come ad esseri primitivi, non sentirti superiore, perché non lo sei, così come noi non lo siamo rispetto ai nostri antenati.
Siamo tutti anelli della stessa catena, indispensabili gli uni agli altri, e a ben pensarci i più importanti sono i primi, loro, i cavernicoli, perché senza di essi noi oggi non saremmo quello che siamo.
L'uomo è, preso nel suo singolo, un essere fragile, mortale.
Ma unito ad altri uomini diventa forte, invincibile, immortale.
Ai piedi dell'edificio che stiamo tutti insieme costruendo, la firma da apporre è una sola: UOMO, scritto tutto in maiuscolo.
UOMO senza distinzione di razze, di Paesi e di secoli di provenienza.
Nel leggere lo stupendo messaggio di Einstein, alla fine delle mie riflessioni, mi sento avvolta da un unico, sano ed eterno sentimento di gratitudine.
Gratitudine verso la preziosa eredità che tutti i nostri avi ci hanno tramandato nel corso di questi millenni.
E speranza...Speranza che la stessa gratitudine possa traboccare dai cuori dei nostri pronipoti nei confronti della mia generazione per aver lasciato loro un'eredità altrettanto preziosa, ma soprattutto un mondo di pace e d'amore, in cui sarà ancora più bello un giorno nascere.
E perché no, anche un pizzico d'invidia per tutto quello che loro potranno vedere e conoscere e che noi, invece, dobbiamo accontentarci di vivere solamente con la fantasia.

Lodovisca
Bologna, Luglio 1988

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