Ci sono giorni della nostra vita
che rimangono scolpiti per sempre nella mente, ma ancora di più nel cuore.
Giorni
di cui sapresti dire, minuto per minuto cosa hai fatto, cosa hai detto, come eri
vestita, se c'era il sole oppure no...
Il 10 ottobre è uno di questi
giorni per me...esattamente il 10 ottobre 1996...
Potrei raccontarvi cosa ho
fatto fin dalla mattina appena sveglia...
A quest'ora, per esempio, stavo rinfrescando
col Felce Azzurra una bellissima camicetta di mamma e la stavo stendendo su una
gruccia nello stendino in bagno.
Una camicetta color avorio con un collo importante
finemente ricamato tinta su tinta.
Poco prima avevo appeso a prendere aria
nello stendino sul balcone un suo vestito stupendo, color fucsia, che le stava
divinamente.
Avevo anche lucidato le scarpe che indossava con quel vestito.
Prima
ancora avevo riordinato tutta la casa...veramente la casa era pulita e in ordine...le
uniche due stanze in disordine erano la cucina e la camera da letto di mamma.
Per
prima cosa avevo sistemato la cucina dove sul tavolo giacevano i resti del pranzo.
Poi...facendomi
coraggio...ero entrata in camera da letto...
Sembrava che fosse passato un
uragano...lenzuola e coperte per aria...la camicia da notte strappata, buttata
in terra insieme alla sua biancheria intima...sul pavimento tante bustine di plastica
trasparente lacerate in malo modo...pezzi di cotone idrofilo sporchi di sangue...lacci
emostatici...siringhe...
Ecco cosa rimaneva di mia madre in quella camera,
dopo il passaggio dei medici e degli infermieri del Pronto Soccorso, che avevano
tentato inutilmente di strapparla alla morte...
Mentre loro tentavano l'impossibile,
io me ne stavo in cucina incapace di guardare lo scempio che stavano compiendo...
Me
ne stavo lì, mentre Donatella e Sandro facevano la spola tra la camera
e la cucina per aggiornarmi...
Poi la corsa in ospedale...
il medico del
Pronto Soccorso che mi diceva che era ancora viva e chiedeva a me cosa fosse successo...
il
ricovero immediato al piano superiore...
io e Sandro seduti sulle scale a fumare,
davanti a quella porta chiusa...
io con i miei pensieri così contrastanti
tra di loro...
Gesù aiutala...Gesù non farla soffrire più...Gesù
salvala...
Povero Gesù...nemmeno lui poteva capire cosa desiderassi
veramente in quel momento...
Come poteva capirlo se non lo sapevo neppure io?
Mamma
era già stata condannata, solo che la sua "esecuzione" doveva
essere da lì a qualche mese, in primavera...invece il solito arresto cardiocircolatorio
aveva pensato bene di anticipare quella sentenza.
E' un po' come quel condannato
nella cella della morte che aspetta che arrivi il giorno dell'esecuzione, quando
all'improvviso un terremoto fa crollare il carcere e lui rimane sepolto sotto
le macerie.
Ha senso, mi chiedo io, tentare di salvarlo per farlo poi morire
lo stesso, magari portandolo dal boia su una sedia a rotelle?
La mente diceva
di no...il cuore diceva di sì...
Gesù, però, mi ha voluto
bene e non ha preteso da me la risposta...ci ha pensato lui...
Quando i soccorsi
hanno rimosso tutte le "macerie", il condannato aveva già tolto
il disturbo, evitando a chi restava la pantomima finale...
le inutili speranze...
le
logoranti attese...
le ridicole bugie e soprattutto...l'addio programmato.
Lodovisca
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