Sarà che per Bologna i tempi non sono felicissimi.
Sarà l'età che avanza; o il fatto che 'sti "ggiovani", a forza di volere spazi in cui esprimersi, ormai hanno trent'anni, la pancetta e poco altro di più.
Sia come sia, il fatto è che qui, sempre più spesso, risuona il tango della nostalgia.
Le osterie di Guccini, la funivia di San Luca, il sindaco Dozza, il commendator Dall'Ara, i Martedì di San Domenico, i biassanot di Dino Sarti, Reno, il leone dei Giardini, e Gneno, il bibitaro del Rialto.
E' un amarcord sempre più fitto, al cui appello ormai mancano soltanto la banda Casaroli e la grande nevicata del '29; ma se continua così è questione di ore.
E se la sera, a Roma, andavano in via Veneto, qui tutti da Lamma, lo storico ristorante sotto le Due Torri.
Tanto che a forza di ascoltare il tam-tam della memoria sorge spontanea una domanda: ma quanti c... di posti aveva Lamma?
Come faceva a contenere tutta quella gente che oggi, se interpellata, ti racconta di aver passato lì la giovinezza intera?
E se non erano da Lamma andavano alle Dame, la storica osteria di Castiglione, che era poco più grande di una station wagon, ma tutti la sera andavano alle Dame.
Lì ci cantava Guccini, all'epoca dotato (come certi santi medioevali) del dono dell'ubiquità.
Perchè mentre era alle Dame appariva anche da Vito a giocare ai tarocchi, al festival dell'Unità di Minerbio e ad un'assemblea di Magistero con Stefano Benni.
Ah, la vecchia Bologna...
Quando all'osteria del Moretto cantava Guccini, in qualche bar del Pratello ti poteva succedere di bere un frizzantino con Guccini, e la sera, sui colli, potevi ascoltare Guccini al parco Cavaioni.
Ora è tutto finito, sparito.
Come i cacciatori di un tempo, del resto, che non solo sono scomparsi, ma quei pochi che esistono ancora non fanno più nemmeno la foto ricordo con le lepri stese sul cofano dell'850.
E gli scemi?
Ah, gli scemi di una volta...
Quando eravamo giovani ogni quartiere aveva il suo scemo; e potevi capire la zona in cui ti trovavi anche solo grazie alle grida o allo sfrecciare scomposto di un folle che straparlava da solo.
Adesso, invece, non si riesce più nemmeno a capire se quello di fianco è un idiota, un manager rampante con l'auricolare o uno che ascolta Guccini con l'ipod.Biassanot
Questa parola, in dialetto bolognese, significa nottambulo
o meglio ancora
TIRATARDI
Il biassanot è colui che non vuole mai andare a dormire e pur di rimandare l'appuntamento con la "branda" (branda = letto... si dice così anche in altre parti d'Italia? Non so...)
gira a vuoto trovando mille scuse
Andiamo a prendere la prima edizione del Carlino nell'edicola sempre aperta di Via dei Mille?
Su su dai... prendiamoci il gelato da Pino in via Castiglione e poi tutti in "branda"...
Aspettiamo che apra il panificio in via del Pratello così ci mangiamo un bombolone caldo caldo...
Ecco cosa facevano i biassanot negli anni '70 qui a Bologna
Lamma non me lo ricordo, magari ci sarò anche stata, ma ne ho perso il ricordo...
Ma la "biassanot" l'ho fatta anche io...che tempi ragazzi...
Potevi girare per Bologna tranquillamente senza nessuna paura.
Eravamo tutti sotto i 30 anni, sposati e magari anche con prole, come me.
Il sabato sera finito il lavoro all'Enalotto che si protraeva fino alle 21 (dalle 8 del mattino) si andava tutti assieme, impiegati, collaboratori, ausiliari (con rispettivi partner) a fare la nostra "notte brava".
In cosa consisteva?
Si raggiungeva un locale, poteva essere l'osteria di Vito o quella dei Due Poeti o una semplice pizzeria.
Tra mettersi d'accordo su dove andare, raggiungere il posto, ordinare e mangiare si faceva mezzanotte.
E poi?
Si restava lì a giocare a carte o si cantava tutti assieme.
Era sufficiente che nel locale ci fosse un avventore (e c'era quasi sempre) che sapesse strimpellare la chitarra, che come per magia tutti si mettevano a cantare.
E poi tutti al Cantagallo a giocare con le giostrine dei bambini.
Roba da matti!!!
Il Cantagallo è un'area di servizio sull'autostrada che unisce Bologna a Firenze. Si poteva accedere anche dalla provinciale.
Si vede che negli anni '70 era stata aperta da poco e per noi giovani dell'epoca era un'attrazione, se attraversavamo alle due di notte tutta la città per andare a fare un giro tra i banchi del minimarket e finire poi nell'area riservata ai bambini dove tra gli altri giochi c'era uno scivolo a forma di razzo.
E dopo una partita a carte, una cantata ed una scivolata dal razzo si tornava a casa alle tre di notte, stanchi morti, ma felici come non mai...e MAI, ripeto MAI, ubriachi!!!!
Non parliamo poi di ben altro...che non dico che non sapevamo neppure che esistesse, ma poco ci mancava!!!
Leyla
Gli insopportabili Il diario di Lodovisca Poesia e meditazioniiUltimi aggiornamenti del sito Home page