Comincia l'era postberlusconiana, prove tecniche di transizione.
Si costituisce
il primo governo di unità nazionale. Appuntamento a Vasto, a due
passi da Montenero di Bisaccia, fra i capi del comitato di liberazione
nazionale.
Bersani si dà malato, Casini non ci pensa nemmeno, Vendola
ci passa perché è di strada, poi vede solo Tonino sul trattore
e tira diritto. L'incontro vastaso, per dirla in gergo meridionale, salta.
Se potesse, Di Pietro sgozzerebbe Bersani. Se potesse, Bersani truciderebbe
Vendola. Se potesse, Vendola, benché homo sapiens , impalerebbe
Casini. Se potesse, Casini scuoierebbe vivo Di Pietro.
È la catena della Fiera dell'est di Branduardi: e venne il cane
che si mangiò il gatto che si mangiò il topo...
Ma anche
nei rispettivi partiti, le cose non vanno meglio. Se potesse, Veltroni massacrerebbe
Bersani e così i margheritini, De Magistris torturerebbe Di Pietro,
Fini e Rutelli beccherebbero il terzo pollo, Casini, e i comunisti cossuttiani
sbranerebbero Vendola.
Perquisiti in entrata e costretti a depositare
armi e corpi contundenti, comincia il primo gabinetto di crisi.
Si dividono
al punto uno, anzi nella composizione dell'ordine del giorno.
La priorità dell'uno
non è la priorità dell'altro, non c'è un punto in comune.
Allora, con una trovata da vecchia politica, si decide di ribattezzarlo
il governo delle unità, nel senso che ognuno balla da solo, tante unità incomponibili.
Nel nome delle autonomie, ognuno si fa un governo a sé, col suo cestino
di proposte e poi lo consuma in disparte.
Coalizione al sacco.
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