Cari Colleghi Indignati che affluite rabbiosi oggi a Roma, io sono indignato
più di voi.
Perché sono indignato con tutti quelli che fanno
arrabbiare pure voi, ma in più sono indignato anche con voi.
Per tre
cose.
La prima è perché siete malintenzionati, volete fermare
treni, sfasciare cose, terrorizzare la gente e provocare i poliziotti vostri
coetanei; ma che c'entrano con il Potere che v'indigna?
La seconda ragione
di indignazione è che vi accanite contro Roma; siete rimasti arretrati
di qualche millennio perché Roma da un pezzo non è caput mundi
e la crisi globale arriva a Roma di riflesso: siete per caso seguaci di Bossi
e ritenete che tutti i mali urbi et orbi nascano a Roma ladrona e puttanona?
Ma la terza, più sostanziale ragione è che condivido la vostra
indignazione contro il dominio della Borsa sulla vita, del mercato sulla società,
del capitale sul lavoro, ma non riesco a vedere in voi lo straccio di un rimedio,
l'accenno di una risposta.
Assaltiamo le banche e poi che famo?
Attacchiamo
i ministeri e gli esattori delle tasse, e poi cosa otteniamo, oltre il plauso
degli evasori?
Non predico la rassegnazione, capisco il formicolìo alle
mani dei ragazzi, soprattutto se ingozzati dal benessere.
Fate bene a esprimere
il vostro disagio, a rendervi visibili e attivi e a non chiudervi in solitudine.
Ma chiedete meritocrazia e non datevi allo sfascismo.
E poi, distinguete tra
le colpe vere del Sistema, le ingiustizie sociali e la vostra inquietudine,
anzi la nostra, perché l'anima vi sfugge e non sapete cosa fare della
vita.
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