Il motivo per cui da ieri Mario Monti ci governa è per rassicurare investitori
e mercati che l'Italia è in grado di pagare i debiti. Per la verità i
tassi di interesse non sono scesi a un livello di guardia.
E sarebbe stato folle
(anche se molti commentatori e politici lo andavano affermando) aspettarselo
nel giro di un mattino.
Monti per rassicurare i suoi grandi elettori (i mercati) e non spiacere i suoi
dante causa (i parlamentari) nel suo discorso al Senato di ieri ha per due terzi
affermato di voler continuare sulle tracce del suo predecessore (dalla finanza
pubblica all'evasione, dalle università alla lotta alla criminalità)
e per un terzo ha cambiato direzione.
Due sono gli elementi fondamentali di rottura.
Partiamo dalle pensioni.
Sarebbe
bastata la presenza del nuovo ministro Elsa Fornero a svelare che il capitolo
riforma verrà riaperto.
L'idea di uniformare il sistema di calcolo delle
pensioni per una platea più vasta possibile di lavoratori è sacrosanta.
Monti può fare ciò che a Berlusconi era reso impossibile dal veto
leghista. Bene.
Il secondo elemento di discontinuità è più scivoloso.
Si
tratta della reintroduzione di un'imposta sugli immobili.
Il valore della vecchia
Ici dovrebbe aggirarsi (Tremonti dixit) sui 3,5 miliardi di euro l'anno.
Peanuts,
ai fini del risanamento.
La nuova Ici verrà rimodulata su aliquote maggiori
e basi imponibili diverse rispetto al passato, in modo da garantire un gettito
superiore.
È la via per una patrimoniale light.
Monti ha aggiunto che
la pressione fiscale su lavoro e imprese è troppo elevata e che si deve
ridurre.
Se Monti con un piede entra in casa nostra e con l'altro esce dai nostri
redditi, il saldo potrebbe non essere così negativo dal punto di vista
strettamente contabile.
Purtroppo l'esperienza ci insegna che in Italia le imposte
si mettono, ma non si tolgono mai.
Perfino il Cavaliere alla fine del suo ultimo
governo si è inventato strumenti fiscali da Stato di polizia (solve et
repete, vi dice qualcosa?) e nuovi balzelli.
La speranza di alleggerire in maniera
duratura la pressione fiscale, partendo dalla reintroduzione di una nuova imposta,
ci lascia perplessi.
In un discorso lungo e piuttosto grigio (sobrio, direbbero altri) Monti ha però ricordato
una regoletta fondamentale dell'economia.
I mercati si muovono attraverso le «aspettative» che
si formano nei confronti di un Paese.
È per questo che già oggi,
sostiene il premier, si possono avere benefici per riforme il cui effetto si
dispiega nel corso degli anni (è il caso delle liberalizzazioni che a
tambur battente non rendono un euro).
Su questo Monti baserà la sua fortuna
politica.
È innegabile (anche se ad alcuni può non piacere) che
oggi le aspettative sulla figura di Monti siano altissime e ben costruite.
Il
professore gode non solo del benefico effetto di luna di miele che ogni nuovo
governo porta con sé, ma ha un suo personale patrimonio di credibilità nei
circoli europei che contano.
Trattasi di un fatto, non di un giudizio.
Un gruzzoletto
che dovrà mettere al servizio di una missione quasi impossibile: far emergere
con chiarezza che il problema non è rappresentato solo dall'Italia, ma
dalla costruzione mal fatta di una moneta comune.
Monti avrà così buone
chance di spazzare via un argomento che ha sfiancato Berlusconi.
Tra pochi giorni
il premier si farà un giro delle Cancellerie europee, per sfruttare al
massimo questo abbrivio.
Anche nella formazione dell'esecutivo, il professore ha adottato una miscela
di realismo e consapevolezza.
Otto dei 18 membri del governo sono funzionari
pubblici.
Rappresentano quell'impasto di grand commis (per carità tutti
ben vestiti) che hanno servito la politica fino a ieri.
E lo hanno fatto con
spirito di servizio, ma con senso di appartenenza a una casta.
Quella della nostra
burocrazia pubblica, che a differenza della politica non passa mai.
È difficile
attendersi da questi onesti funzionari una rivoluzione liberale del nostro Paese.
Si intenderanno alla perfezione con i loro omologhi europei.
Se pensiamo che la soluzione dei problemi dell'Italia passi per coloro che l'hanno
pubblicamente amministrata negli ultimi quarant'anni siamo fritti.
Oggi, come
Monti, hanno un ruolo importante.
Ma appena si potrà converrà scegliersi
i propri rappresentanti: destra o sinistra che siano.
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