di
Giancarlo Loquenzi
Aristofane, che di commedie se ne intende, diceva: “la patria è lì dove
si prospera”. Così sotto il cielo berlusconiano erano in tanti a sentire
l'Italia matrigna e a sognare nuove patrie in cui tornare a prosperare.
Per questo ogni offesa d'oltralpe, ogni fiato velenoso della stampa estera, ogni
alzata di sopracciglio dei leader europei contro l'Italia erano accolti con sollievo
e immediatamente ribaltati contro il Caimano. “Ecco, vedete? – dicevano in coro
le opposizioni e la “grande stampa”, non siamo soli a dirlo: questo paese fa
ridere”. Poco importava se l'immagine dell'Italia ne usciva irrimediabilmente
sfigurata, se non c'era più nessuno a difenderne verità e onore.
Persino Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, che al loro esordio, per la sinistra,
erano gli spauracchi di un' Europa capitalista e anti-sociale, si sono straformati
in alleati preziosi nella guerra d'odio contro Berlusconi e contro il paese da
lui governato.
Le loro risatine in diretta si sono trasformate nell'inno alla finis italie
.
I politici di opposizione invece di gridare all'oltraggio sorridevano compiaciuti
e invece di ribellarsi per l'affronto fremevano dalla voglia di espiare, sottomettendosi
a qualsiasi richiesta dell'asse.
Persino Gianfranco Fini, il quale dovrebbe avere i geni del patriottismo iscritti
nel suo dna, dopo l'exploit di Merkozy, gongolava in tivvù: “c'è un
direttorio franco-tedesco e noi ne siamo fuori perché la credibilità dell'Italia è sottozero”.
Altro che “right or wrong it's my country”, come dicono in America, dove se le
danno di santa ragione in patria, ma se dall'estero qualcuno si azzarda a offendere
la bandiera a stelle e strisce diventa un nemico per tutti.
Gli ultimi due anni hanno dimostrato che in Italia era meglio vedere affondare
la patria se con essa se ne andava giù anche Berlusconi e tutta la sua
gente.
“Giusto o sbagliato non è la mia patria” è stato il grido di guerra
fino a ieri.
Poi tutto è cambiato.
Non appena Silvio Berlusconi si è incamminato verso l'uscita di scena,
si è capito che in Italia gli anti-berlusconiani di ogni risma e di ogni
ora sarebbero presto tornati a “prosperare”: ed ecco l'Italia tornare una patria
che vale difendere.
Ha aperto le danze patriottiche il Corriere della Sera prendendo di petto quello
stesso Sarkozy che fino a pochi giorni fa veniva ascoltato come un oracolo.
“Ma Sarkozy per favore resti a casa” titolava ieri il quotidiano di via Solferino.
Una specie di “Yankee go home” in salsa francese, una virata addirittura eccessiva,
per il solo fatto che l'inquilino dell'Eliseo aveva espresso il suo sostegno
all'investitura di Mario Monti.
Pierferdinando Casini che è un sensibilissimo rilevatore dell'aria che
tira, si è subito schierato in modo un po' rodomontesco sul nuovo fronte
patriottico: “Leggo che Sarkozy sarebbe disponibile a venire in Italia, ma non
abbiamo bisogno di lui. Non siamo a sovranità limitata. La Francia ha
tanti problemi, si occupi di quelli”.
Eppure, appena qualche giorno fa, il presidente francese aveva fatto questa candida
osservazione: “Madame Merkel è responsabile della Germania ed io della
Francia, ma ci troviamo a dover prendere decisioni in favore di paesi per i quali
non siamo stati eletti”.
La sovranità era già limitata, ma per Sarkozy era ancora tempo
di applausi.
Ora che Berlusconi è stato bruscamente proiettato fuori scena – anche
con accenti e comportamenti obiettivamente maramaldeschi – si può tornare
a onorare e amare la patria.
A Napolitano sarà chiesto di non intrattenersi più troppo a lungo
al telefono con Obama o con la Merkel, alla stampa straniera verrà fatto
un corso di buone maniere e ogni volta che il professor Mario Monti attraverserà la
città ai cittadini verranno distribuite bandierine tricolori da sventolare.
Viva l'Italia!
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