Bifo
 
Poco fa stavo sfogliando il Carlino ed ho visto un articolo su di lui.
Magari ai più è sconosciuto, ma qui a Bologna è abbastanza noto in certi ambienti, soprattutto da coloro che sono stati giovani insieme a lui.
Ed io sono una di quelli.
Mi ha fatto piacere leggere la sua biografia, che vi riporto, e mi fa ancora più piacere sapere che nella vita, tutto sommato, ha avuto successo.
Io non l'ho mai chiamato Bifo, per me era Berardi, neppure Franco.
 
 
Franco Berardi
 
Dovrei dire che siamo coetanei, perchè quando lo conobbi io avevo 22 anni e lui andava già all'Università, visto che veniva all'Enalotto come ausiliario.
Anche io, allora, ero ancora un'ausiliaria, anche se collaboravo per più giorni alla settimana, mentre lui veniva solo al sabato.
Faceva il controllore e lo faceva anche bene.
Mi era simpatico.
Ragazzo mingherlino, non alto, con una massa di riccioli neri e due bellissimi occhi.
Voce pacata dal timbro dolcissimo.
Non si metteva mai in evidenza, non disturbava mai.
Se mi capitava di fargli notare qualche errore (era compito mio il farlo) mi chiedeva scusa e me la chiedeva sinceramente.
Un giorno, Alan, il mio amicone dell'epoca , anche lui ausiliario all'Enalotto, indicandomelo mi disse:
 
Diresti mai che un tipo come quello va mettendo le catene ai cancelli delle fabbriche ed affronta operai che sono il doppio di lui, impedendo loro di andare a lavorare?
Chi, Berardi?????
 
Sì, proprio lui...il tuo coccolino.
Non è il mio coccolino. E' solo un ragazzo gentilissimo, che stimo moltissimo. Tu come fai a sapere una cosa del genere?
 
L'ho visto con i miei occhi.
 
Non so se gli credetti. Alan se aveva in antipatia qualcuno era finita per quel qualcuno.
Ma dopo pochi mesi fui costretta a credergli, perchè mi fece leggere un articolo sul Carlino dove si diceva che Franco Berardi, detto Bifo, era stato messo in prigione per tafferugli politici.
Era lui senza dubbio, anche perchè c'era la sua fotografia.
Senza contare che mi giunse una sua telefonata per dirmi che sarebbe rimasto assente dall'Enalotto per qualche tempo.
Passarono dei mesi.
Io intanto andavo all'Enalotto tutti i giorni, anche se ancora non ero stata assunta.
Il personale era ridotto al lumicino: i 3 pezzi da 90 se ne erano andati, chi trasferito, chi aveva smesso di lavorare e chi aveva scelto di andare in una ditta privata.
Cambiammo pure Direttore.
Ne venne uno da Milano, fresco di nomina.
Bisognerebbe conoscere il lavoro dell'Enalotto per poter capire che, per quanto bravo uno potesse essere, se non hai le mani in pasta nella realtà locale, non vali niente.
E così, questo nuovo Direttore, aveva una fiducia totale in me, che bene o male erano già 4 anni che bazzicavo l'ufficio, conoscevo tutti gli ausiliari, personale senza la cui presenza (e capacità) il nostro lavoro non poteva andare avanti.
Fu così che quando un giorno mi ritrovai davanti Berardi, che con quella sua aria candida (candida sul serio e non a presa in giro) mi disse:
 
Ho risolto i miei problemi. Posso ritornare a lavorare?
gli risposi
Non dipende da me (non era vero). Abbiamo cambiato Direttore e decide lui. Ti farò sapere...
 
Non insistette, come invece facevano tutti, mi salutò educatamente e se ne andò.
La mia intenzione non era quella di non riprenderlo più.
Volevo solo mettere al corrente il Direttore del suo "passato", convinta da quell'ingenua che ero (e che sono) che lui mi avrebbe detto che non c'erano problemi.
Ed invece...
Non ne volle sapere. A nulla valsero le mie argomentazioni, non ultima la frase che gli dissi:
 
Mi sta facendo pentire di essere stata sincera con lei. Non ero tenuta ad esserlo. Non sono una dipendente, ma solo un'ausiliaria. Credo che la gente vada giudicata per come si comporta sul luogo di lavoro e non per quello che fa quando non è in servizio e le posso garantire che Franco Berardi è uno dei migliori ausiliari, se non il migliore in assoluto.
 
Non ci fu nulla da fare.
Berardi non mi scocciò con telefonate o altro.
Fui io a chiamarlo e a dirgli quello che il nuovo Direttore aveva deciso.
Ricordo la sua voce che mi disse solo...
 
Capisco...
 
E' un episodio della mia vita lavorativa che ricordo mal volentieri.
Sono convinta, oggi come allora, che nei confronti di Berardi fu commessa un'ingiustizia e mi piacerebbe tanto potergli chiedere scusa.
:-((((((((((((
Leyla
 
 
 
 
 

Franco Berardi         


Franco Berardi è conosciuto come "Bifo" da quando comincia a firmare con questo pseudonimo i quadri astratti che dipinge alle scuole medie. Piu' tardi diviene anarcooperaista, ed entra nel gruppo Potere operaio. Partecipa al movimento del '68 nella Facoltà di Lettere e filosofia dell'università di Bologna, dove si laurea in Estetica con il professor Luciano Anceschi.

Nel 1970 pubblica con Feltrinelli il primo libro, intitolato Contro il lavoro. Nel 1975 fonda la rivista "A/traverso", che diviene il foglio del movimento creativo di Bologna. Nel '76 partecipa alla redazione di Radio Alice. Il rapporto tra tecnologia di comunicazione e movimenti sociali diviene il centro del suo pensiero e della sua azione. Nel 1977 fugge da Bologna dove la polizia lo cerca per istigazione all'odio di classe a mezzo radio, e va a Parigi, dove conosce Felix Guattari, Michel Foucault. Pubblica da Seuil Enfin le ciel est tombè sur la terre.

Rientrato in Italia pubblica La barca dell'amore si è spezzata, e poi si trasferisce a New York, dove collabora alla rivista "Semiotexte", e da dove manda articoli per la rivista milanese "Musica 80", diretta dal suo amico Franco Bolelli. Viaggia a lungo in India, Messico, Nepal, Cina. Ritornato in Italia nel 1985, con alcuni amici apre TOPIA, centro per l'ecologia mentale. In quegli anni comincia ad occuparsi del fenomeno della rete telematica, pubblica sulla rivista "Alfabeta" l'articolo Tecnologie comunicative che preconizza l'esplosione della rete come fenomeno sociale e culturale decisivo.

Nel 1989, dopo un periodo di studio in California pubblica l'opuscolo Cyberpunk con l'editore Synergon. Segue Piu' cyber che punk, Cancel, Politiche della mutazione e Mutazione e cyberpunk. Nel 1991 partecipa come attore e come sceneggiatore al film "Il Trasloco" di Renato De Maria. Nel 1994 organizza, con il consorzio università città di Bologna il convegno internazionale CIBERNAUTI, che viene pubblicato in quattro volumi da Castelvecchi. Pubblica Come si cura il nazi, Neuromagma, e recentemente Exit, il nostro contributo all'estinzione della civilta.

Attualmente è impegnato nella creazione di un museo virtuale tra le nove città della cultura europea del 2000, e nel lancio del libro La nefasta utopia di Potere operaio.

 

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